Per far fronte alla carenza di manodopera in agricoltura, acuita dall’emergenza coronavirus, l’ente bilaterale veronese per l’agricoltura Agribi, di cui fanno parte Coldiretti, Confagricoltura, Cia , Fai-Cisl, Flai-Cgil e Uila-Uil, avvierà da questa settimana un progetto per agevolare l’incontro trasparente tra la domanda e l’offerta di lavoro. Un ruolo che si svolgerà in collaborazione con Veneto Lavoro, ente della Regione Veneto che si occupa di programmare e favorire le politiche del lavoro.

Si tratta di un progetto pilota in Italia nel settore primario. Tiziano Barone, direttore di Veneto Lavoro, lo spiega nei dettagli: “Nel nostro database abbiamo 140.000 disoccupati e 12.500 beneficiari del reddito di cittadinanza, che fanno capo ai 39 centri per l’impiego del Veneto gestiti da Veneto Lavoro. Noi selezioneremo le offerte di lavoro, in base alle località e alle esigenze delle aziende, coinvolgendo in prima battuta chi ha avuto già esperienze in campagna e verificando la loro disponibilità. Con questo sistema potremmo dare i  nominativi dei lavoratori nel giro di pochi giorni. È un’attività che già abbiamo svolto in passato, ma in maniera occasionale. Ci auguriamo che, al di là dell’emergenza Covid-19, questo sistema diventi una costante anche per il futuro. L’importante è che ci sia una regia accorta e puntuale dell’ente bilaterale, in grado di garantire sia la formazione e la sicurezza, sia gli spostamenti dei lavoratori. Con questo cambio di paradigma potremmo ridurre lavoro nero e caporalato, garantendo più controlli che, in quest’emergenza coronavirus, vanno a vantaggio sia delle aziende che dei lavoratori stessi”.

Il problema della carenza di manodopera nei campi negli ultimi anni è diventato particolarmente pesante anche a causa del numero sempre più limitato di braccianti di provenienza extracomunitaria autorizzati dal decreto flussi ministeriale. Fino al 2015 gli stranieri assegnati alla provincia di Verona per le raccolte stagionali erano 1.200, mentre poi il numero è stato ridotto drasticamente a 300. Un numero assolutamente insufficiente rispetto alla domanda di manodopera. In Veneto le offerte di lavoro in agricoltura arrivano per il 40 per cento dalla provincia di Verona, con 28.000 occupati a tempo determinato e 2.000-2.500 a tempo indeterminato.

Giuseppe Bozzini, vicepresidente di Agribi e segretario regionale di Uila-Uil, esprime il punto di vista dei sindacati dei lavoratori: “Migliaia di persone hanno perso il posto di lavoro e un’altra fetta consistente è a casa in cassa integrazione nei settori bloccati dall’emergenza, e rischia di non avere prospettive per il futuro. Sull’altro fronte abbiamo il settore agricolo a cui, in questo momento emergenziale, viene richiesto uno sforzo massimo per consentire agli italiani di avere il cibo sul tavolo. Siamo alla vigilia della fase di raccolta, ma il blocco delle frontiere impedisce di avere il contributo essenziale della manodopera straniera. C’è perciò la necessità impellente di reperire braccianti, ma abbiamo un mercato del lavoro burocratizzato e immobile“.