(di Giordana Talamona)  «Montalcino è una località baciata da Dio e dagli uomini, oggi posso dirlo ancora più forte. Rispetto a quello che sta succedendo nel nord Italia possiamo dirci molto fortunati, perché abbiamo solo un paio di casi Covid-19 in quarantena nel nostro comune». Così esordisce Fabrizio Bindocci, dal 2019 Presidente del Consorzio di Tutela del Brunello di Montalcino, che riunisce 218 soci (il 98,2% della produzione di Brunello), per un’estensione vitata di oltre 4.300 ettari.

Nel solo 2019 dalle cantine di Montalcino sono usciti 141mila ettolitri di vino (Brunello 96.722 hl, Rosso di Montalcino 34.249 hl, Moscadello 436 hl, Sant’Antimo 9.992 hl), il 70% destinati all’export. Un nettare prezioso e ambito il Brunello, tanto da essere il vino più caro del Belpaese: solo le ultime due annate conservate in botte (340mila ettolitri) nei caveaux di 300 aziende montalcinesi hanno un valore stimato di circa 400 milioni di euro. 

La buona notizia per questa denominazione è che l’impatto del Covid-19 sull’export statunitense, uno dei mercati strategici per il Brunello, sarà mitigato da scelte fatte in tempi non sospetti, quando a gravare sull’agroalimentare italiano non c’era l’emergenza sanitaria, ma i temuti dazi di Trump. «Al momento l’export sta tenendo bene, perché molti importatori americani si erano assicurati circa il 60-70% della produzione già ai primi di gennaio per paura dei dazi di Trump. L’annata 2015 è tra le migliori degli ultimi anni, consacrata dalle guide statunitensi con punteggi stratosferici, tanto che a marzo sono state rilasciate circa 5.800.000 fascette di Docg delle circa 10 milioni previste per il Brunello».

Si auspica che un certo impatto economico possa arrivare a Montalcino come un’onda lunga, anche se le ultime decisioni di Trump non possono certamente lasciare indifferenti. «Sono già 19 gli Stati americani che come in Italia hanno scelto di difendersi dal Coronavirus chiudendo la ristorazione, in buona parte composta da prodotti e vini made in Italy. Noi produttori toscani del Brunello di Montalcino siamo vicini agli amici statunitensi e consapevoli che la ripartenza ci vedrà in prima fila accanto a loro».

A questo fa da contraltare una innegabile preoccupazione nel medio e lungo periodo. «Inutile negare che nel giro di pochi giorni si è fermato il nostro maggiore canale di vendita – quello dell’horeca – nei 2 principali mercati mondiali: Usa e Italia infatti rappresentano in media il 60% delle vendite globali di Brunello. Secondo una recente indagine di Nomisma Wine Monitor su un campione di wine list di 350 ristoranti, nella sola città di New York il 30% delle referenze di vino rosso presenti in carta parla italiano e di queste 1/3 sono toscani, con circa 2mila referenze che arrivano direttamente da Montalcino, a un prezzo medio di 382 dollari. Ora serve attendere, e il nostro vino lo sa fare, in attesa che la nostra annata 2015 possa riprendere quella corsa che prima dello stop si stava rivelando molto promettente, in particolare oltreoceano». Negli Usa quasi la metà dei consumi di vino italiano a valore passa dall’on-trade, per un equivalente di circa 800 milioni di euro. In generale la crescita import dei vini rossi italiani è stata del 20% negli ultimi 5 anni.

Se l’export regge abbastanza, l’enoturismo è tra i settori in maggiore sofferenza, con prenotazioni cancellate fino a luglio. I numeri del 2018 inquadrano un turismo nell’area di Montalcino di quasi 200mila presenze, il 113% in più negli ultimi 5 anni, e oltre 75mila arrivi con pernottamento in un comune di 6mila abitanti. Negli anni in questo territorio si sono moltiplicate le strutture ricettive, tanto che oggi contano 92 tra alberghi, agriturismi e strutture di accoglienza, oltre 50 tra ristoranti e locali con attività di somministrazione.

I lavori nei vigneti e in cantina continuano nel frattempo. «Le attività in campagna non si sono fermate, il ciclo vegetativo della vite va avanti e bisogna prendersene cura. Anche in cantina si prosegue con i travasi per preparare le nuove annate, ma tutti i soci si sono attrezzati coi dispositivi di protezione individuale anti-contagio e stanno attuando le misure di distanziamento sociale previsti dai decreti».

In ultima battuta Bindocci conclude: «L’Italia è un grande Paese, che ha dimostrato di saper lottare e impegnarsi. Al momento c’è bisogno di rientrare da questa grave crisi sanitaria, ma io sono un ottimista di natura, quindi auspico che a emergenza finita l’immagine della nostra nazione ne uscirà rafforzata. Mi auguro che il bicchiere rimanga per tutti mezzo pieno».