(di Alessandra Piubello) Narra un’antica leggenda che l’ultimo atto del Creatore dopo la sua grande opera, fu quello di posare il piede sinistro su un po’ di terra caduta inavvertitamente in mare: nacque così la Sardegna, isola tirrenica di sconvolgente bellezza. Pare che il suo nome in greco fosse ichnusa, ovvero orma. E noi siamo andati a Roma a seguire le orme di due dei massimi conoscitori non sardi dei vini dell’isola, Maurizio Valeriani, direttore di Vinodabere e Dario Cappelloni, collaboratore di Doctor Wine. La due giorni, 21 e 22 gennaio, dedicata ai vini sardi, con 35 cantine sarde presenti e 165 vini in assaggio, ha compreso anche due momenti di approfondimento, a cura dei due specialisti.

Il Nepente di Oliena e le sue interpretazioni

Oliena è uno dei più scoscesi e suggestivi paesini della Barbagia. Le montagne del Supramonte che sovrastano Oliena sono conosciute anche con il nome di Dolomiti sarde. Il monte Corrasi, simbolo del paese, con i suoi 1463 metri è la cima più alta del Supramonte. Che spettacolo vedere questa montagna azzurrognola che si tinge in base ai colori del sole. Di sera, al tramonto, si veste di un morbido rosa e ai suoi piedi, dove è adagiata Oliena, si resta affascinati dalla sua bellezza.

Altro elemento caratteristico sono i canyon scavati dal fiume Cedrino che attraversa il territorio di Oliena. Le vigne a Oliena si trovano a un’altitudine compresa tra i 200 ed i 700 metri. Le più vicine al monte Corrasi allignano su terreni principalmente calcarei e in alcuni casi alluvionali (alla destra del fiume Cedrino); le altre su suoli derivanti da disfacimento granitico, in particolare alla sinistra del fiume Cedrino. Oliena o Nepente di Oliena è una delle sottozone del Cannonau di Sardegna, insieme a Jerzu e Capo Ferrato. Fu D’Annunzio quando visitò Oliena e assaggiò il suo vino a dargli il nome Nepente: significa “senza tristezza”, “senza pentimento”. La degustazione ha previsto l’assaggio di sei Cannonau di Sardegna Nepente di Oliena.

Il primo, della cantina Iolei, Vosté 2022, dai toni fruttati, con note di mirto ed erbe mediterranee colpisce per il profilo elegante, dai tannini fini e per la freschezza. Pur non essendo un vino complesso, sa dare una beva spensierata e golosa. Antonio Puddu, titolare insieme ai fratelli, ci racconta che da un piccolo podere con alcuni ceppi di Cannonau particolarmente datati hanno avviato l’impianto di 5 ettari e iniziato i lavori per costruire la nuova cantina.

Il secondo vino, dell’azienda Salis, Galu 2022, dalle note di frutti rossi e spezie, ha una struttura slanciata pur essendo profondo e lungo. Pietro Salis e il figlio Nicola, presenti alla degustazione, spiegano dei loro 2 ettari con appena duemila bottiglie prodotte e delle vigne che spaziano dai 20 ai 50 anni su terreni da disfacimento granitico.

Il terzo vino è della cantina Biscu, ZioBi 2020, dai sentori di radice, liquerizia, macchia mediterranea e un sorso intenso, di buon volume ma rinfrescato da una decisa acidità, con una lunga persistenza fruttata. Danilo Biscu ci descrive l’azienda familiare, appena 3 ettari e mezzo, con vigne di 60 anni e altre piantate da poco.

Il prossimo vino è dell’azienda Gostolai, la riserva Sos Usos 2020, dai sentori di radice, mirto, china. Il corpo è strutturato, abbastanza voluminoso e con qualche sgrammaticatura, ma non senza carattere. Il vino successivo è di Guthiddai, Mannoi 2021, dalle note speziate, di erbe mediterranee e dal sorso carnoso ed elegante, di notevole persistenza. Gianluca Floris, titolare dell’azienda, ci spiega che possiede 2 ettari e produce 2.500 bottiglie.

Poi è la volta dell’azienda Ruju Sardu (letteralmente: rosso sardo) con il suo Pupusu 2020, dai sentori di china con sensazioni balsamiche e speziate. Al gusto è elegante e complesso. Bastiano Pugioni ha vigne ventenni a un’altezza che varia dai 200 ai 400 metri, su oltre 2 ettari. Chiudiamo con il vino S’Incontru 2019 dei Vignaioli di Oliena, una cooperativa di 35 soci. Al naso presenta note di potpourri e humus, in bocca è sapido, materico e con tannini fini.

Ogliastra, Orgosolo e Romangia, territori a confronto

L’influenza del terreno sulle caratteristiche del vino è particolarmente evidente in Sardegna per le notevoli difformità geologiche: si spazia dagli scisti ai graniti, dai calcari mesozoici e terziari alle trachiti, dai basalti alle dune costiere. Infatti, in questi tre territori proposti per l’approfondimento dai due esperti, è evidente la differenza: l’Ogliastra, con le sue vigne che vanno dal mare alla collina, raggiungendo dai 120 i 700 metri, su terreni sabbiosi da disfacimento granitico e più in alto da scisti, è diversa dall’Orgolese, con terreni granitici, scistosi e calcarei, e dove le vigne vengono piantate tra i 300 e i 550 metri.

Diseguale è anche l’areale della Romangia, che discordante dagli altri due posizionati a est, è a nord della Sardegna e offre terreni sabbiosi, argillosi e calcarei, con altitudini che vanno dai pochi metri dal livello del mare a massimo 350 metri.

In questa degustazione ci sono stati presentati ben 13 vini, dal Vermentino al Cagnulari, dal Cannonau al Moscato di Sorso Sennori. Una panoramica che ci ha consentito di riflettere sui cambiamenti positivi che la Sardegna enoica porta avanti con un grande senso di appartenenza, mantenendo le radici e le tradizioni ma con una impressiva capacità di crescita stilistica che, per chi non frequenta abitualmente quest’isola meravigliosa, è difficile da constatare.

La manifestazione è continuata poi ai banchi d’assaggio, colloquiando con i vari produttori presenti. Grazie ai colleghi di Vinodabere, Maurizio Valeriani in primis, che ci hanno dato l’opportunità di scoprire nuove realtà e di farci affascinare dallo stato dell’arte e delle prospettive future dei vini sardi.