(di Bernardo Pasquali). L’accordo di libero scambio con l’Australia richiesto a gran voce dall’Unione Europea, in modo particolare dalla commissaria per l’energia Kadri Simson, è già saltato nel 2019 a causa di inaccettabili richieste in campo agroalimentare da parte del paese dei canguri. Purtroppo ci sono delle clausole che riguardano l’accettazione della protezione di alcune importanti DOP europee che non sono conformi a quanto richiesto dall’UE.

Se, con la Nuova Zelanda, l’accordo di libero scambio è andato a buon fine e partirà da questo primo maggio, con una disponibilità di accogliere e proteggere 163 denominazioni di origine protetta e IGP europee, sembra che l’Australia, spinta dai suoi agricoltori non voglia perdere la possibilità di vendere sul mercato le solite imitazioni del Parmigiano, della Feta Greca e del Prosecco.

“Salvate il Prosecco australiano”

Si sa che il Prosecco ormai nel mondo è diventato sinonimo di bollicine e di Sparkling wine, che non sia Champagne. Se, da una parte, il posizionamento della parola si è avuta grazie alla forza di penetrazione dei mercati e alle capacità imprenditoriali italiane di impostare un grande progetto di comunicazione su un vino, dall’altra non si è riusciti a salvaguardare a sufficienza la denominazione e il vero significato della parola Prosecco. E’ mancato il territorio e l’allargamento dalla provincia di Vicenza a tutto il Friuli Venezia Giulia ha reso tutto ciò ancora più difficile.

Save Australian Prosecco” è lo slogan con cui gli agricoltori australiani stanno facendo pressioni molto forti sul governo per evitare qualsiasi tipo di accordo con l’Unione Europea che impedisca loro di usare ancora quel termine. Un paradosso che però sta creando non pochi disagi tra le due potenze geo – economiche. Uno stallo che determina gravi ritardi anche sugli accordi energetici e sull’acquisto di metalli come il Litio, principale componente per la produzione di energie rinnovabili.

Il nuovo accordo di libero scambio…appeso ad un filo anche a causa delle importazioni di carni

L’accordo prevede delle quote di carni bovine e ovine rilasciate al governo australiano per l’importazione in Unione Europee. Con la Nuova Zelanda dal primo maggio si potranno importare 40.000 tonnellate di bovino e 36.000 di ovino. L’Australia ha fatto la stessa richiesta ma l’UE l’ha decisamente rifiutata e su questo ulteriore stallo, a novembre scorso, si sono fermate le trattative.

Le politiche di sovranità alimentare che stanno emergendo sempre più nelle politiche nazionali europee, emerso come obiettivo comune anche nell’ultimo incontro informale a Limburg dei Ministri Europei, limita l’ingresso di materia prima agricola dai paesi extraeuropei e quindi sarà difficile che la richiesta del governo australiano possa andare a buon fine. Il paese però è un ottimo alleato dell’Unione Europea sul versante delle politiche energetiche attive e la sua disponibilità a concedere il Litio che oggi va a finire in Cina, probabilmente potrebbe fare cambiare idea e allentare la morsa su alcune richieste in campo agroalimentare. L’Italia in questo potrebbe essere il paese europeo più a rischio.