(di Carlo Rossi) La storia dell’Asprino di Aversa, vino delle Terre di Lavoro del Regno delle Due Sicilie, areale dal quale in epoca romana giungevano i vini più buoni sulle tavole dei Cesari, rischia di scadere nell’oblio dei ricordi di appassionati coltivatori e degustatori. 31 luglio 1993: è passato sotto silenzio l’anniversario dei trent’anni di questa denominazione assai più antica e che comprende 22 comuni, ricadenti nelle province di Caserta e di Napoli. Ha caratteristiche che lo rendono unico, ineguagliabile, l’Asprinio di Aversa, il “grande, piccolo vino” di Mario Soldati. Siamo accompagnati in questo viaggio nelle antiche Terre di Lavoro o dei liburni da Mario Privitera, quinta generazione della famiglia Caputo.
Con il nome Terre di lavoro veniva spesso indicata la provincia di Caserta, soppressa nel 1926 e suddivisa tra le provincie di Napoli, Benevento, Campobasso, Roma e Frosinone. Caserta è Terra di Lavoro e di vini. Sì, perché Terra di Lavoro era il nome di una vasta regione che grazie a questa particolare fertilità del suolo la Campania meritò l’appellativo di Felix.
Fin dal 79 d.C, fu la zona più fertile della Campania, tanto che Plinio il Vecchio coniò l’appellativo proprio per distinguerla dalle altre zone. Poi, nel tempo, passando per il Medioevo fino a giungere all’epoca del Regno di Napoli, portò con sé tutto il carico di un’area della Campania florida e felice, che nel 1221 Federico II volle addirittura rendere autonoma.
Caputo 1890, il metodo classico che non ti aspetti
Mario Priviteria mi stuzzica con un Asprino pas dose’ di 46 mesi sboccatura marzo 2023. Una chicca importante che segna il percorso qualitativo svolto il team con l’enologo Fabio Mecca nel rispettare ogni sfumatura del territorio e dell’allevamento ad alberata, d’antica origine etrusca .
Risultato? un vino dal colore dorato, con una spuma bianca come il latte, evanescente quasi immediatamente. Bolle finissime e capienti, profumi intensi di tarassaco, prataioli ed erba tagliata . Un grande vino, allevato sin dall’antichità e che ha conservato alcuni esemplari centenari di vite prefillossera, anche nella sua versione 46 mesi d’acciaio che propone Mario.
La Caputo 1890 rappresenta la sintesi tra il rispetto della tradizione enologica e l’adozione delle più moderne tecnologie, riuscendo a produrre vini di alta qualità che le hanno consentito di ottenere significativi riconoscimenti nazionali ed internazionali. Se siete in Cina, nelle grandi metropoli, e siete presi dalla nostalgia è facile ritrovare carica perché si riesce spesso ad incontrare in ristoranti top l’Asprino pas dosé di Mario Privitera. Secondo Giampaglia, il vitigno Asprino deriverebbe dalla “tribù dei Pinot” e sarebbe stato introdotto nel Napoletano nel secolo scorso durante la dominazione francese.
A sostegno di questa ipotesi vale la considerazione avallata dagli stessi agricoltori, secondo i quali, nel passato, l’uva asprinia veniva acquistata da commercianti francesi e ungheresi, per poi utilizzarla nella preparazione di vino spumante. Ma secondo notizie tramandate da Sante Lancerio, cantiniere di S.S. Papa Paolo III Farnese, la coltura del vitigno risalirebbe agli inizi del ‘500, cioè in un’epoca anteriore alla dominazione francese.
Infatti, ne “I Viaggi di Papa Paolo III”, il Lancerio dice che S.S. usava l’Asprinio come bevanda dissetante servendosene prima di coricarsi. Lo stesso autore facendo le lodi a questo vino “diuretico” dice che il migliore è quello di Aversa, apprezzato dai commercianti perché “li cortigiani et cortigiane corrono volentieri alla foglietta” (la “foglietta” è una misura di capacità del vino, circa mezzo litro).