(di Carlo Rossi) “Il vino è memoria liquida, un ponte sottile tra il presente e le ombre di chi ci ha preceduto.” Nel cuore del Vulture, tra le antiche colline plasmate dall’ultimo respiro di un vulcano spento, nasce un vino che sa di attesa e di rivelazione: Alberi in Piano 2013, della Cantina il Passo, un Aglianico dal carattere profondo e seducente ancora oggi.
Ricordo ancora il primo sorso di Alberi in Piano 2013: un profumo intenso che avvolgeva i sensi e una trama vellutata che accarezzava il palato, trascinandomi in un viaggio senza tempo. Non è soltanto un vino, ma un dialogo profondo con la terra stessa e con le anime che, silenziose, l’hanno abitata. Raccontare questo capolavoro è per me un onore e un invito aperto a chiunque desideri scoprire la magia nascosta tra le vigne del Vulture. In questo cammino di scoperta e meraviglia, Maria Grimolizzi emerge come una visionaria moderna, simile a Cristoforo Colombo, capace di scoprire un continente ignoto fatto di profumi intensi e lava antica, una terra di passione e silenzio che si svela lentamente, bicchiere dopo bicchiere.
Sulle pendici del Monte Vulture, dove l’autunno scende lento e la vendemmia si trasforma in preghiera, si trova la Cantina Il Passo. Immersa nel paesaggio lunare della Basilicata e adagiata lungo il tracciato della via Appia antica, questa cantina è molto più di un’azienda vinicola: è un ponte fra storia e presente, fra Roma e il Vulture, fra uomo e terra.
Qui nasce Alberi in Piano 2013, un Aglianico del Vulture DOC che cresce con lentezza, senza fretta di mostrarsi. La sua voce è segreta, forgiata dal fuoco del vulcano e dalla vendemmia più tardiva d’Italia. A guidare questo percorso è l’enologo Fabio Mecca, interprete appassionato che ha saputo restituire all’Aglianico la sua dimensione più sacra.
Ma Alberi in Piano custodisce anche una leggenda: durante i lavori in vigna, venne alla luce un sarcofago romano, elegante e intatto, che custodiva le spoglie di una nobildonna dalla bellezza immobile. Oggi quel sarcofago è conservato nel Castello Federiciano di Melfi, ma il suo spirito aleggia ancora tra i filari, forse è a lei che il vino rende omaggio con la sua nobiltà aromatica, la sua grazia decisa, la sua memoria incisa nel sorso.
Nel 2017, con 95 punti su Decanter e l’ingresso nella Top 100 mondiale, Alberi in Piano 2013 è stato consacrato come miglior rosso del Sud Italia. Ma la sua vera grandezza si misura nell’incanto del gesto lento, nella profondità del colore e nella voce minerale che risuona sul palato: un canto di terra, vento, more, grafite, pepe e lava.
Il vigneto di 36 anni, coltivato su terreno di medio impasto di quattro ettari, è curato con potatura a cordone speronato. La vendemmia, rigorosamente manuale, avviene a fine ottobre, con uve raccolte in cassette e selezionate con cura.
In cantina, la vinificazione segue il metodo classico in rosso: le uve pigiadiraspate dolcemente fermentano per circa 15 giorni a temperatura controllata di 28°, con tre rimontaggi quotidiani. Dopo la fermentazione, il vino riposa per due mesi in tini di rovere di Slavonia, poi si trasferisce in tonneaux di legno di Allier per la fermentazione malolattica e un affinamento di 18 mesi, prima delle operazioni di pre-imbottigliamento.
Il risultato è un vino con gradazione alcolica del 14%, acidità totale di 5,80 g/l e pH 3,35, capace di accompagnare con eleganza primi piatti di carne, selvaggina, uova e formaggi stagionati.
Alberi in Piano 2013 non è solo un grande vino italiano. È una storia da bere, un frammento di Appia Antica liquefatto nel calice, un segreto che solo la terra — e il cuore — possono comprendere.