(di Bernardo Pasquali). Quando si arriva nella piccola piazza di Volnay, a sinistra della piccola pieve cluniacense, si trova la cantina di Pierrick Bouley. L’atmosfera è quella classica dei piccoli villages di Borgogna, dove il tempo, sembra essersi fermato. Eppure all’interno delle case di pietra tipiche di questi borghi, si aprono dei mondi e si producono grandi Pinot Noir che segnano la storia enologica mondiale.
Pierrick Bouley è un giovane vigneron che, sin da quando ha rilevato il domain di famiglia, nel 2014, ha sempre espresso una grande classe nei suoi vini. Fino al suo arrivo la cantina si chiamava Domaine R & P Bouley con una produzione di qualità che non era però mai riuscita ad emergere. L’arrivo del figlio talentoso ha impresso una sterzata definitiva ai principi produttivi della cantina. Pierrick Bouley rappresenta la sesta generazione e arriva in un periodo storico di grandi evoluzioni; socio-culturali ma, soprattutto, climatiche e ambientali.
Pierrick Bouley e l’arte antica dell’intreccio in vigna
La prima cosa che Pierrick Bouley ha cambiato drasticamente è il lavoro in vigna con un approccio più conservativo e protettivo della vigna. Innanzitutto una conversione al biologico, raggiunta nel 2023, e alle pratiche colturali biodinamiche. In modo particolare ha adottato il principio di potatura “Guyot Poussard“, che favorisce un flusso di linfa omogeneo e ben distribuito in tutta la vite.
Una tecnica di intreccio che si usava un tempo e che eleva le piante fino a circa 1,5 m di altezza. una tecnica che, oltre a migliorare il flusso linfatico, garantisce uve con un migliore equilibrio delle sue componenti e un grado zuccherino un pò più elevato. Ha iniziato a evitare la lavorazione dei terreni con il trattore per evitare l’eccessivo compatimento dei terreni lasciando respirare e moltiplicare il patrimonio microbiologico dei terreni superficiali.
Le arature sono fatte pre 2 – 3 volte l’anno e l’utilizzo del diserbo è stato totalmente abbandonato. Pierrick Bouley pratica l’inerbimento spontaneo e lascia gli archi delle viti abbastanza lunghi evitando potature troppo invasive. Cerca in tutti i modi il flusso equilibrato della linfa attraverso la pianta e, soprattutto, cerca di favorire al massimo il fenomeno botanico della fotosintesi clorofilliana per offrire alla pianta il massimo dell’energia luminosa che poi essa trasforma in energia chimica, rendendola più forte e resistente. Pierrick, da un certo punto di vista, rimane legato a pratiche di gestione e di potatura che guardano più alla storia della Borgogna che alla contemporaneità.
Una tecnica di intreccio che si usava un tempo e che eleva le piante fino a circa 1,5 m di altezza. una tecnica che, oltre a migliorare il flusso linfatico, garantisce uve con un migliore equilibrio delle sue componenti e un grado zuccherino un pò più elevato. Ha iniziato a evitare la lavorazione dei terreni con il trattore per evitare l’eccessivo compatimento dei terreni lasciando respirare e moltiplicare il patrimonio microbiologico dei terreni superficiali.
Le arature sono fatte pre 2 – 3 volte l’anno e l’utilizzo del diserbo è stato totalmente abbandonato. Pierrick Bouley pratica l’inerbimento spontaneo e lascia gli archi delle viti abbastanza lunghi evitando potature troppo invasive. Cerca in tutti i modi il flusso equilibrato della linfa attraverso la pianta e, soprattutto, cerca di favorire al massimo il fenomeno botanico della fotosintesi clorofilliana per offrire alla pianta il massimo dell’energia luminosa che poi essa trasforma in energia chimica, rendendola più forte e resistente. Pierrick, da un certo punto di vista, rimane legato a pratiche di gestione e di potatura che guardano più alla storia della Borgogna che alla contemporaneità.
Il riscaldamento climatico? Può essere una “chance” positiva
In un’intervista rilasciata a Bourgogne Aujourd’Hui, Pierrick Bouley ha affermato che il surriscaldamento che si sta notando anno dopo anno anche in Borgogna, non deve solo essere visto come una minaccia, ma può essere una chance.
“Oggi la tecnologia in cantina – afferma Pierrick Bouley – ci permette di curare meglio i nostri vini e, soprattutto, la gestione delle uve e dei mosti. Inoltre, se al tempo dei miei genitori, le vendemmie erano eseguite tutte allo stesso momento, oggi bisogna essere molto più scientifici e valutare bene le maturazioni delle diverse parcelle ed essere veloci nella vendemmia delle stesse”.
Pierrick è pragmatico e riconosce che sempre sono esistite problematiche con alcune annate difficilmente gestibili. Oggi le pratiche in vigna, le potature, la gestione dei tempi di vendemmia possono permettere la produzione di vini di alta qualità con un valore in più: la migliore maturazione delle uve in pianta garantisce vini più complessi e penetranti che valorizzano la qualità complessiva in bottiglia.
Lo stile di vinificazione di Pierrick Bouley
Sempre in una sua intervista a Bourgogne Aujourd’hui del novembre 2018, a soli 31 anni, aveva le idee chiare e presentava il suo approccio e la sua idea di vino in questo modo: “NO zolfo, senza lievito, senza enzimi, senza zuccheraggio dal 2014, nessuna acidificazione… faccio i miei vini con uva e nient’altro. L’affinamento viene effettuato al 100% in botti di rovere francese, con il 20-30% di legno nuovo. È un classico. Ho appena accorciato un po’ l’affinamento a dodici mesi in botti e due o tre in tini, rispetto ai diciotto in botti in precedenza, sempre per favorire l’espressione di un fruttato espressivo, puro e fresco ”.
L’espressione dei suoi Volnay è fortemente identitaria, con una dote di eleganza ed equilibrio che riflettono una ricerca spasmodica della perfezione. I premiere cru, in modo particolare, riescono ad esprimere intensamente la diversificazione minerale e organolettiche derivante dai vari climats di appartenenza. in alcuni casi Pierrick rispetta così a fondo la provenienza parcellare da diventare un libro aperto sulla denominazione. Una didattica liquida che racconta le vigne di questo mitico villaggio.
Volnay Premiere Cru Champans 2018. L’esaltazione floreale del Pinot Noir.
La proprietà di Pierrick Bouley si estende per nove ettari frammentati in una quarantina di parcelle. La maggior parte nel comune di Volnay e in piccole parcelle a Monthelie, Pommard, Beaune e Aloxe-Corton. Tra i climats Premiere Cru di Volnay citiamo, Robardelle, Santenots, Ronceret, Clos des Chenes, Champans e Gran Champs Monopole. Vorrei soffermarmi sul suo grande Volnay Premiere Cru Champans 2018, una delle espressioni che rappresentano una delle migliori interpretazioni di Volnay della denominazione. Una garanzia che in ogni annata offre valutazioni da almeno 4 stelle su 5.
Per chi ama questo Village, qui trova tutta l’esaltazione floreale tipica con una bellissima violetta mammola che si eleva e primeggia inconfondibile sul resto del bouquet di fiori rossi. E’ un vino di grande eleganza che ha subito un affinamento di 46 mesi en fûts. Se la floreali e la piacevolezza al naso è il suo carattere distintivo, non manca una netta confettura di ciliegie e lamponi con una componente speziata che offre maggiore rotondità al naso. La sensazione di suadenza e velluto al palato è garantita da un tannino elegante e profondo. la minerali e la sapidità salina tipica di questo climats estende e valorizza il frutto anche al palato con una persistenza che si allunga, regalando emozioni interminabili ed evolventi.