«Chi mi conosce sa che da oltre 30 anni mi occupo di vino. Ho iniziato come consulente, guidando molte aziende in Italia e all’estero nei loro primi passi, alcune delle quali oggi anche molto famose. Parallelamente, credo come molti colleghi, ho sempre perseguito l’idea di produrre dei vini miei, nei quali poter esprimere in totale libertà da vincoli la mia filosofia di produzione. Fa appunto parte di questi progetti l’azienda di Brunello che ho fondato con alcuni amici nel 1992. Negli anni, i soci con i quali ho condiviso la proprietà dell’azienda sono cambiati, per giungere infine, in tempi molto recenti, ad un bivio che mi ha portato a scegliere di tenere per me un vigneto vicino al mio resort di Poggio al Sole – da semplice casa dei sogni destinata soltanto all’ospitalità, Poggio al Sole è divenuto così un piccolo “domaine” -. A questo nucleo, si aggiunge anche un altro vigneto, destinato alla produzione del rosso di Montalcino. Il progetto, che porta adesso il mio nome e cognome, mi corrisponde al punto che non so’ più dove sia il confine tra il lavoro e la pura passione, e, nella sua definizione, spesso la redditività si trova in secondo piano, messa in ombra dalla voglia e dal divertimento di produrre vini che siano soprattutto di identità, carattere, personalità; le linee guida sono una “artigianalità” quasi maniacale, e la ricerca della maggiore sostenibilità possibile. Così, l’intera gestione dei vigneti è rigorosamente manuale, e avviene senza l’impiego del trattore, per preservare al massimo la naturale sofficità dei suoli. L’uva che si raccoglie con il diradamento inoltre, eseguito allo scopo di ottenere la proporzione ottimale tra parete fogliare e grappoli e quindi la maturazione più equilibrata possibile, non viene eliminata, ma trova anch’essa un impiego di tutto rispetto nella produzione di un vino brut rosé, perfetto per brindare alle nuove vendemmie.

Ma torniamo ai protagonisti principali: circa 5.000 bottiglie di Rosso e altrettante di Brunello di Montalcino, vinificate in tini troncoconici in rovere, e affinate in barili sempre in rovere francese – per il Brunello, 2 anni in legno e 2 anni in bottiglia -. I protocolli di lavoro sono all’insegna dell’eleganza, dell’equilibrio, della delicatezza, in linea con l’evoluzione del mio gusto personale, che in passato prediligeva i vini robusti, e che adesso invece preferisce decisamente uno stile più vicino alla Borgogna – in altri termini, un po’ lo stesso iter di un appassionato di jazz, che all’inizio del suo percorso abbia messo al primo posto John Coltrane, e che molti anni dopo si trovi invece a preferirgli Jan Garbarek -.

Insomma, la passione, la cura, l’entusiasmo danno sempre i frutti che ci aspettiamo, e così il mio Brunello è adesso distribuito in Italia dalla assai prestigiosa Moon Import – l’unico Brunello della sua lista, accanto ai migliori Champagne e vini di Borgogna in circolazione -. L’annata produttiva che si chiude con la vendemmia 2019 poi, ha aggiunto soddisfazioni ulteriori: condizioni climatiche ottimali durante l’intero ciclo, incluse strategiche precipitazioni piovose primaverili e nel corso dell’invaiatura, a contribuire all’equilibrio perfetto. Un’uva splendida, dalla maturazione piena e completa».