Il Nutriscore è stato l’avvisaglia; le polemiche sul rischio cancerogeno legato al consumo di carne e vino una conferma; l’interesse alla produzione di prodotti alimentari “artificiali” come la carne ed il latte di sintesi, non derivati dalla materia prima naturale, l’indicazione di una rotta purtroppo chiara che ha intrapreso l’Unione Europea. A rischio, va detto, non c’è soltanto il reddito dei produttori, ma la salvaguardia di distretti agroalimentari, delle tradizioni e della salubrità della nostra alimentazione. Un modello di vita costruito attorno alla cultura della produzione agricola che rischia di scomparire.

Paolo Borchia, europarlamentare del distretto del Nordest per Identità e Democrazia (dove aderisce la Lega per Salvini premier), sta combattendo in prima linea per realizzare un “asse fra Paesi produttori” che contrasti questa filosofia della Commissione. Primissimo risultato, il rinvio di sei mesi per il Nutriscore. Cosa resta da fare?

«Continuare quello che abbiamo fatto fino ad ora e che ha portato a questo primo, ma molto importante, traguardo – risponde a Foodyes.it Paolo Borchia -. Dobbiamo implementare le azioni intraprese a sostegno degli agricoltori e della tutela e promozione della nostra dieta mediterranea. Il patrimonio agroalimentare supera un quarto del Pil e non possiamo disperderlo. Occorre lavorare per ottimizzare le risorse contenute nel PNRR e tutelare l’agroalimentare italiano contrastando, appunto, il Nutriscore e gli accordi internazionali sbagliati. L’impegno della Lega sarà, come sempre, massimo nell’interesse del Paese».

Carni e latte sintetici, senza materia prima: come può l’Italia rallentare l’introduzione di questi prodotti sul mercato? con chi può allearsi l’Italia su questo dossier in Europa?

«Garantendo la tutela del Made in Italy già minato dalla produzione e dalla diffusione di cibo sintetico che, è evidente, fa parte di un progetto più ampio che punta a scardinare il nostro modello agroalimentare, eccellenza mondiale, invece in qualità, differenziazione e valorizzazione territoriale. A Roma i colleghi della Lega al governo stanno lavorando ad una proposta di un’indagine conoscitiva, i cui risultati saranno propedeutici, alla stesura di un Disegno di Legge sul Made in Italy. Dal canto nostro a Bruxelles continuiamo a monitorare costantemente questo aspetto in difesa dei nostri prodotti ed a mantenere alta la guardia affinché non si torni a ‘demonizzarli’ e, per il bene del Paese, venga tutelato tutto il comparto».

Promozione extra UE: l modello di successo realizzato per il vino può essere ampliato ad altri comparti?

«Assolutamente sì. Le nostre eccellenze sono uniche e imitate in tutto il mondo, vanno tutelate e promosse non solo sul territorio del continente, ma anche al di fuori dell’Europa, combattendo al tempo stesso ogni forma di concorrenza sleale e di Italian Sounding».

I produttori (dell’ortofrutta ma anche lattiero-caseari) sono schiacciati dal sistema di mercato attuale: chi produce guadagna troppo poco e la D.O. punta quasi esclusivamente sul fattore prezzo: come può intervenire Bruxelles o, nel caso, che sta facendo?

«Bruxelles purtroppo è stata, negli ultimi venti anni, grande sponsor della globalizzazione, sostenitrice di un modello di mercato senza tariffe e strumenti di difesa che si sarebbe, secondo quel che si pensava, regolato da sé. Questo ha portato al crollo del valore di tante materie prime agricole, in una spirale di corsa al ribasso utile, nel breve termine, a una parte dell’industria ma critica per il primo settore, in difficoltà a inseguire costi di produzione troppo bassi, pena la fine dell’equilibrio economico in azienda. Bruxelles, sfruttando questa tardiva riscoperta del ruolo fondamentale della “sovranità alimentare” per evitare di dover dipendere dalle tensioni internazionali, dovrebbe riconvertire una parte delle assurde politiche verdi che ha messo sulle spalle degli agricoltori, consolidare la produzione con nuove terre e con l’utilizzo di ultime tecnologie utili, e proteggere il mercato europeo con gli strumenti di difesa commerciale che servono.

Noi facciamo questo tutto i giorni, vigilando sugli accordi di libero scambio, lottando affinché torni economicamente utile rifornire le aziende di materia prima italiana ed europea, rinsaldando il legame che dovrebbe esistere tra produzione e trasformazione nella filiera alimentare».