(di Bernardo Pasquali). Chi ricorda Giorgio Cecchetto ricorda prima di tutto l’Uomo che il vignaiolo. Eppure la sua ambizione, la sua visione e la capacità di saper rendere virtuoso un vitigno e un territorio, per i più, considerati non di primo livello, lo hanno consegnato alla storia del vino veneto. Il suo sorriso, talvolta sornione e divertito, erano l’immagine più affascinante di Giorgio quando saliva sul palco per ricevere il primo premio con il suo Sante Rosso Merlot nelle più importanti competizioni internazionali.

La sorpresa a Mondo Merlot a Aldeno nel 2008

Nella prima decade del 2000 partecipavo come giurato al Concorso Mondo Merlot di Aldeno dove, l’enologo Paolo Grigolli coordinava la valutazione da parte di enologi e giornalisti del settore, di più di 100 campioni di Merlot provenienti da tutta Italia. Ricordo, in modo particolare la sesta edizione del concorso nel 2008. C’era un campione che si elevava su tutti e che, alla cieca, aveva stupito i giurati presenti. Nessuno però conosceva quel campione e quindi si ipotizzavano le più disparate zone di provenienza, cantine e addirittura si profilavano enologi curatori del vino.

La domenica pomeriggio, durante la proclamazione del vincitore erano tutti molto curiosi; c’era un’aria di sfida anche intellettuale tra i partecipanti della giuria. Vediamo ci aveva azzeccato quel campione così sorprendente! Quando Paolo Grigolli lesse il nome del vincitore: Sante Rosso Merlot 2006 Azienda Agricola Giorgio Cecchetto, ricordo ancora lo stupore e l’incredulità dei tanti presenti in sala. Soprattutto ricordo il rossore sul viso di questo vignaiolo che tratteneva a stento la sua gioia e saliva frettolosamente le scale del palco. Ricordo l’emozione che provai in quel momento: Giorgio aveva vinto una sfida con la sua storia. e la storia di un territorio partito decisamente dall’ultimo posto in ultima fila…

La passione per l’appassimento

Se c’era una cosa che Giorgio Cecchetto invidiava ai veronesi era la tecnica di messa a riposo delle uve. Lui l’aveva presa come spunto per produrre uno dei vini dolci passiti migliori d’Italia…anche se lui non voleva sentirselo dire. Eppure con il Raboso Passito, Giorgio ha donato una versione in più alle uve Raboso che lui amava come fossero figlie. Era riuscito a conferire prestigio al Raboso, a curarlo con pazienza e dedizione sapendone accettare i limiti e valorizzandone i talenti. Per questo il Veneto gli deve molto, non solo il suo territorio d’origine.

Giorgio Cecchetto ha riservato una botte speciale alla solidarietà

Quando ci si sentiva al telefono la cosa che premeva di più a Giorgio era il suo forte impegno caritatevole e solidale. Era fiero della vendemmia con i “suoi” ragazzi dell’Associazione Italiana Persone Down. Mi ricordo la sua emozione quando mi raccontava i sorrisi e gli abbracci ricevuti dai ragazzi e la gioia che invadeva la cantina e le vigne con quei ragazzi straordinari. Li aveva fatti salire sul “palco” della Regione Veneto a Vinitaly. Erano i ragazzi di Giorgio quelli che ti accoglievano e ti raccontavano la viticoltura veneta.

Giorgio Cecchetto ha raccolto le loro storie, le loro ambizioni e la disabilità l’ha fatta diventare una grande opportunità da raccontare al mondo. L’aveva già fatto portando sul tetto del mondo il suo Sante Rosso, figlio di un dio minore della piana veneta, eppure grande tra i grandi. Ecco perchè per me Giorgio Cecchetto è stato un vignaiolo con la “U” maiuscola. Ogni mio incontro con lui ha dato valore al senso di umanità e di appartenenza ad un disegno più grande che parla di vita e di amore.

Grazie Giorgio, sei stato un grande!