(di Alessandra Piubello) Definire vulcanica la quattordicesima edizione dell’evento di presentazione delle ultime annate dei vini campani corrisponde alla narrazione dei luoghi e dei vini. Siamo a Ercolano, e il complesso Somma-Vesuvio fa sentire la sua presenza storica, culturale, vitivinicola. Sembra che la coltivazione della vite in queste terre risalga all’epoca del ferro, a circa tremila anni fa, con il popolo italico dei Sarrasti. Ricordo le parole dello scrittore Curzio Malaparte nel suo libro La pelle: “Questo vino è spremuto dall’uva del Vesuvio, ha il sapore misterioso del fuoco infernale, l’odore della lava, dei lapilli, e della cenere che han sepolto Ercolano e Pompei. Bevi, Jack, questo sacro, antico vino”.
Ancora una volta Miriade & Partners, la società di comunicazione e di pianificazione organizzativa irpina, ci ha condotto in un altro territorio significativo della Campania del vino, il Vesuvio. La manifestazione è itinerante (l’anno prossimo sarà a Caserta), nata con l’intento di far scoprire ai giornalisti nazionali e internazionali i luoghi del vino, la gastronomia e la cultura dei territori campani. Quest’anno abbiamo potuto assaggiare, grazie al team di valenti sommelier AIS, 100 vini rossi e 152 tra spumati, vini rosati e bianchi (questi ultimi erano la maggior parte).
Breve excursus sulla Campania
La Campania è un complesso mosaico di diverse aree, caratterizzate da condizioni pedologiche e climatiche eterogenee e peculiari capaci di dare al territorio enoico sfaccettature che si rispecchiano in una produzione di vini di notevole varietà e impressività. Vini spesso dal carattere unico, non riconducibile a modelli standardizzati e non replicabili in altre zone, espressione di tipicità e di senso del luogo. Vini che sono un patrimonio sorprendente, inesplorato e inespresso nella sua piena potenzialità. E che possiedono una storia antica e avvincente da raccontare al mondo. Il rapporto tra la Campania e il vino è antichissimo, testimoniato dai più grandi scrittori classici e dai numerosissimi reperti archeologici che documentano la presenza della vite.
Imponente la straordinaria ricchezza ampelografica campana, punto di forza di questa regione cresciuta costantemente verso livelli sempre più meritevoli. Qui sono sopravvissute varietà di vitigni per quasi tre millenni, trovandovi un luogo di elezione che ne ha permesso la coltivazione durante i secoli. La Campania è Terra Felix, ovvero suolo fertile in cui trova piena fioritura la biodiversità vegetale.
La geografia del vino si compone di un 79% di aree collinari (tra zone interne e litoranee), di un 17% in montagna e solo di un 4% in pianura.
Gli ettari vitati sono 25.600 mila, con una produzione prevalente di vini rossi con un 52%, rispetto al 48% di bianchi (in crescita negli anni). Le cantine imbottigliatrici sono circa 470, per un totale di produzione che corrisponde a circa il 3% della produzione nazionale. Le Docg sono quattro (Fiano di Avellino, Greco di Tufo, Taurasi, Aglianico del Taburno), accompagnate da quindici Doc e dieci Igt (anche se la produzione di vino da tavola è decisamente consistente e supera quella a denominazione). I capitoli del variegato volume enoico campano, tutti stimolanti, sono da leggere con attenzione, perché ci sono pagine capaci di sorprendere. Accanto alle grandi cantine trovano spazio realtà imprenditoriali orientate all’innovazione e piccole aziende con un’impostazione familiare e artigianale capaci di mettere a fuoco i caratteri peculiari delle sottozone o di singole vigne.
La vendemmia 2024
La Campania si estende per trecento chilometri, da Roccamonfina a nord fino al confine con la Basilicata a sud. Facile intuire che la vendemmia sia stata eterogenea in regione. Un’unica certezza: la siccità aumenta. La scarsità di acqua è stata infatti uno degli elementi caratterizzanti quest’annata. Se a fine marzo, maggio e giugno si sono registrate piogge (in particolare la prima settimana di giugno ha visto fenomeni di pioggia forte e concentrata in pochi giorni), luglio e agosto hanno avuto delle ondate di calore che hanno anche bloccato la fenologia della vite. A settembre sono riprese le piogge, accompagnate da escursioni termiche forti. La raccolta delle varietà a bacca bianca da metà settembre in avanti, ha dato in generale vini di buona freschezza e sapidità; le uve a bacca nera, raccolte da metà ottobre in poi, hanno avuto tempo di riprendersi con le piogge di settembre e di arrivare a una buona maturazione.
I vini campani nei calici
E veniamo agli assaggi: in pole position l’Irpinia, con il Greco di Tufo (un rosso travestito da bianco) che nelle sue migliori interpretazioni si è espresso con note sulfuree, a volte da pietra focaia, unite al dinamismo gustativo, alla profondità e all’acidità: profili originali, a volte anche ruvidi. Impressive le interpretazioni di Benito Ferrara con Vigna Cicogna, Cantine dell’Angelo con Miniere, Di Prisco con Pietrarosa, e il sorprendente nuovo cru di Cantine De Marzo, la riserva Mulino Giardino.
L’antico vitigno Fiano nella Docg avellinese ha dato soddisfazione, generando vini di bel temperamento, che valorizzano ampiamente nel bicchiere il lavoro svolto da aziende storiche e da altre relativamente giovani. Una certezza Colli di Lapio, Pietracupa, Ciro Picariello, Rocca del Principe. Bene anche Torricino Di Meo e Tenuta del Meriggio. Nel Cilento splendono i fiano di Luigi Maffini.
Sempre restando nei vini bianchi, meritevole la Falanghina dei Campi Flegrei, intesa e sapida, come quella di Contrada Salandra, Astroni, La Sibilla, Agnanum e Salvatore Martusciello. Nell’area vesuviana spicca casa Setaro, a Ischia Antonio Mazzella, sulla Costa d’Amalfi Marisa Cuomo (nella foto qui sopra), nel casertano i pallagrello di Alois e i Falerno del Massico di Masseria Felicia e Masseria di Sessa.
Per quello che riguarda i vini rossi, partiamo dal golosissimo e succoso Piedirosso dei Campi Flegrei, con Agnanum e Contrada Salandra, per tornare in Costa con Tramonti Riserva di Marisa Cuomo, o a Caserta con il Falerno del Massico di Masseria Felicia. Per quello che riguarda il Taurasi, ottime prove di Pietracupa, Il Cancelliere, Joaquin, mentre per l’ultima Docg, l’Aglianico del Taburno, spiccano Fattoria La Rivolta e Nifo Sarrapochiello (nella foto qui sopra). Questi sono i vini che ci sono piaciuti di più, ma sono molti i vini che meritano l’assaggio.