(di Bernardo Pasquali). “Arriva il Cremant del Garda…”. Lo leggo ieri tra le pagine di Geniusloci.news. Avevo sentito ancora in estate di questa iniziativa e la ritenevo una “boutade” del caldo torrido. Il decreto ministeriale del 24 settembre 2025, pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale della Repubblica Italiana – Serie Generale n. 234 dell’8 ottobre 2025 introduce questa novità! Quindi già con la vendemmia di quest’anno e i primi vini di primavera si potrà procedere alla produzione di questa assurdità.
La chiamano novità come fosse qualcosa di positivo e qualificante la denominazione. La definiscono una risposta importante ai nuovi segmenti di mercato. Cioè vorrebbero darci a bere (nel vero senso della parola) che è stato fatto il bene dei territori e dei vignaioli del Garda. Insomma sul mercato funzionano i Crèmant francesi e quindi facciamoli anche noi…peccato che non siamo francesi. I francesi ci stanno sui maroni quando si parla di loro…poi, quando si agisce, li si copia. Un’ambiguità storica che non riusciamo a toglierci di dosso.

Quando Crèmant fa rima solo con mercato ma manca l’identità
Abbiamo già copiato il termine “cru”, lo abbiamo reinterpretato e portato alla nostra dimensione italiana, tanto che la Borgogna ha deciso di sorpassare quel termine per un termine più originale e più difficile da scopiazzare che è il “climat” diventato Patrimonio dell’Umanità dell’Unesco. Il mio non è un discorso che puzza di nazionalismo, tutt’altro. E’ che stiamo sfruttando un termine che rappresenta una storia e un lungo lavoro di posizionamento e di consolidamento di un prodotto che in Francia è sempre stato soffocato dalla grandeur dello Champagne.
Ora, dopo che i francesi hanno fatto il lavoro sporco e sono riusciti a costruirsi con il coltello tra i denti un loro spazio nel panorama delle bollicine francesi; ora che sono addirittura riusciti a garantire una buona qualità ad un prezzo accessibile; ora che le vendite gli stanno dando ragione e i mercati si stanno aprendo con più fiducia a questo sparkling di serie B (perchè così è sempre stato considerato snobisticamente); ora ce ne approfittiamo e con un pò di faccia tosta affermiamo: Il mercato dei Crèmant è cresciuto in doppia cifra, in un periodo che gli Champagne sono in calo, e quindi vale la pena usare quel nome per vendere di più.

Una scelta difficile da capire che creerà solo confusione
Il nuovo (si fa per dire) Crèmant del Garda sarà ottenuto da uve raccolte a mano, sottoposte a una pressatura soffice, con resa mosto/vino limitata. Andrà ad affiancare il Metodo classico Garda Doc, ponendosi al vertice della piramide qualitativa della denominazione. Ecco appunto andrà ad affiancare una cosa che è sostanzialmente uguale…ma ce n’era proprio bisogno?
Non è che questa presa di posizione che si vuole camuffare con il “dare voce a un territorio unico, che ha saputo unire la tradizione viticola a una visione moderna e internazionale”, sia invece in crisi e non sappia come promuovere una bollicine Metodo Classico che potrebbe già fare con le tecniche prima descritte? Dopotutto il Metodo Classico è italiano e riconosciuto come tale in tutto il mondo.
Io sono convinto che questa sia sostanzialmente una deriva e una caduta di stile che si poteva e doveva evitare. Soprattutto sono convinto che questa scelta sia una dichiarazione di resa di un territorio che è riuscito a convincere solo con la Lugana, e che non è stato capace di ripetere quel miracolo con le altre denominazioni.
Per questo ci si rifugia su un nome che potrebbe avere più forza di mercato ma che, a mio avviso, invece creerà confusione; sul territorio gardesano dove, i turisti stranieri, oltre a non capire che senso ha questo nome, coglierà anche lo scricchiolio di una identità di territorio del quale loro sono innamorati. All’esterno, sul mercato internazionale, dove il Crèmant del Garda andrà a scontrarsi con il vero Crèmant…e allora i francesi si faranno sentire!

 
							

















