(di Sara Falchetto)

Durante un pranzo, tra una chiacchiera e l’altra, mi è stato versato un calice di Carapace, un Montefalco Sagrantino che fin da subito ha catturato la mia attenzione. Il nome, così particolare, mi ha incuriosita al punto da voler andare oltre l’assaggio, volevo scoprirne l’origine, la storia, il perché di quella parola così evocativa.  Cercando di capire il significato del nome, ho scoperto che Carapace non è solo un’etichetta ma è il nome della cantina stessa, un’opera d’arte in cui nasce questo vino straordinario.

Situata tra le colline di Bevagna e Montefalco, la cantina è frutto del sogno della famiglia Lunelli, che nel 2001 ha acquisito la Tenuta Castelbuono e ha deciso di costruire un luogo che fosse uno scrigno per il vino, capace di esprimere il legame tra arte, territorio e sostenibilità. Per realizzare questo sogno, si sono affidati a un amico di lunga data, Arnaldo Pomodoro, uno dei più grandi artisti contemporanei. Il Maestro ha accolto la sfida con entusiasmo, immaginando una struttura che potesse fondere scultura e architettura, in piena armonia con la natura circostante. E così è nato il Carapace.

Il Carapace: una cantina-scultura nel cuore dell’Umbria

Ci sono voluti sei anni di lavori, ma nel 2012 il Carapace è stato finalmente inaugurato e aperto al pubblico. È la prima scultura al mondo in cui si vive e si lavora: un luogo dove il vino prende vita all’interno di un’opera d’arte, e l’arte si fa funzionale alla produzione. La struttura si presenta come una grande cupola ricoperta di rame, solcata da crepe che evocano i disegni della terra, mentre un elemento scultoreo rosso, simile a un dardo, si conficca nel terreno, rendendo l’opera perfettamente integrata nel paesaggio umbro.

All’interno, l’inconfondibile linguaggio artistico di Pomodoro dà forma agli spazi, trasformando la cantina in un’esperienza immersiva. Come ha spiegato l’artista stesso: “Ho avuto l’idea di una forma che ricordasse la tartaruga, simbolo di stabilità e longevità. Con il suo carapace rappresenta l’unione tra terra e cielo.”

Quest’anno il Carapace ha compiuto 20 anni, una tappa celebrata in modo simbolico e suggestivo, nel laboratorio milanese di Arnaldo Pomodoro, oggi sede della sua Fondazione. Dalla posa della prima pietra nel 2005 all’inaugurazione nel 2012, il Carapace si è affermato come un unicum nel mondo del vino. Non a caso ha ricevuto il Premio UNESCO “La Fabbrica nel Paesaggio”, è stato presentato alla Biennale di Venezia e, nel 2024, è entrato nella prestigiosa classifica dei World’s Best Vineyards, conquistando il 25° posto come “Highest New Entry”.

Il Sagrantino, vitigno autoctono umbro unico nel panorama internazionale per intensità e longevità, si esprime al meglio in questo vino, certificato biologico e nato da un lavoro attento in vigna e da un lungo affinamento in grandi botti di legno. Al naso sprigiona confettura di more e mirtilli, con eleganti note di ciliegia sotto spirito. Sul finale, emergono la liquirizia e la cioccolata, in un equilibrio perfetto che racconta tutta la ricchezza del territorio. Al gusto è cremoso e avvolgente, con un tannino.

Durante la celebrazione dei 20 anni, i calici hanno raccontato l’evoluzione di questo percorso:

  • Carapace 2020: 100% Sagrantino, rappresenta il presente del progetto, un vino di precisione, struttura e visione.
  • Carapace Lunga Attesa 2017: nome che è già dichiarazione d’intenti. Una vendemmia tardiva, macerazione lenta, oltre sette anni di affinamento. Elegante, profondo, rarefatto.
  • Carapace 2005: l’esordio, la memoria, l’archetipo. Un vino che oggi sorprende per complessità, tannini scolpiti e un’impronta territoriale ancora vibrante.