(di Sara Falchetto)

La carica degli 800 per salvare il vino del futuro, sono i ricercatori che oggi in tutto il mondo stanno aiutando i produttori a comprendere scoperte e tendenze, contribuendo così alla qualità e sostenibilità del vino di domani. Durante il convegno “Vini della Conoscenza”, uno dei momenti centrali di Enoforum, si è discusso del delicato equilibrio tra innovazione e tradizione nel settore enologico. I produttori sono sempre più consapevoli dell’importanza della conoscenza scientifica nella realizzazione di un vino di qualità. Tuttavia, manca spesso un collegamento diretto tra chi produce la ricerca e chi la dovrebbe applicare in vigna e in cantina.

La degustazione ha offerto esempi concreti di come questa alleanza tra scienza e tradizione possa tradursi in pratiche virtuose. Il primo vino presentato è Zero Infinito, dell’azienda Pojer e Sandri, fondata da Mario Pojer. Frutto di varietà PIWI resistenti e di una filosofia produttiva a bassissimo impatto ambientale, questo vino naturale è il risultato di 16 anni di lavoro e solo tre trattamenti con zolfo. “Sono tornato indietro con la tecnologia ma avanti con le vigne resistenti”, racconta Pojer. Dal 2013, Zero Infinito è diventato un riferimento nel panorama dei vini naturali a basso impatto. Il secondo protagonista è Amuri di Fimmina e Amuri di Matri, dell’azienda Al Cantàra di Catania. Qui l’innovazione riguarda la gestione delle acque reflue: niente sistemi tradizionali, ma un impianto di fitodepurazione da 310 mq che consente di recuperare fino a 10 metri cubi d’acqua al giorno. Il vino, un blend di uve locali affinato su fecce fini, colpisce per le note floreali e la freschezza gustativa. Terzo e ultimo vino in degustazione, il Freisa di Chieri dell’azienda Balbiano, espressione di un vitigno riscoperto grazie alla ricerca. L’ottimizzazione dei tempi di macerazione ha permesso di domare l’amarezza tipica del vitigno, valorizzando la sua ricchezza in polifenoli. Il risultato è un vino austero, dinamico e con un’identità rinnovata.

La giornata si è chiusa con la spiegazione di un sondaggio tra i produttori, da cui sono state evidenziate le sfide principali per il futuro della viticoltura: cambiamenti climatici, scarsità d’acqua, eliminazione dei pesticidi, calo delle rese. L’opinione generale emersa è che innovazione e tradizione non solo possono convivere, ma devono farlo. Solo attraverso una collaborazione costante tra scienza e cultura del territorio sarà possibile affrontare le sfide del futuro e mantenere viva l’identità dei nostri vini, nel rispetto dell’ambiente che li rende unici.