Si discute molto negli ultimi tempi della “disaffezione” che sta caratterizzando il rapporto fra gli italiani e il vino. Una disaffezione tendenzialmente generazionale, non esclusivamente nazionale ma che coinvolge anche i principali mercati mondiali, dove si inseriscono non soltanto le nuove bevande (da quelle a base cannabis ai soft drink più o meno zuccherati, e i no-low alcohol) ma anche fattori economici (il vino costa troppo rispetto, ad esempio, alla birra).

Di solito l’orgia di informazioni, analisi e ricerche trova linfa dall’avvicinarsi del Vinitaly. Diventa quindi più interessante la ricerca svolta dal Radar SWG che in tempi non sospetti – la campagna delle grandi fiere de settore non è ancora stata avviata – ma vicino ai consumi di fine anno, tasta il polso agli italiani proprio sul rapporto col vino.

Radar SWG, cosa interessa ai giovani

Per SWG – una delle più quotate società di sondaggi italiane che ha interpellato un solido campione statistico – il vino ci appartiene, si intreccia alla  nostra storia, presidia tradizioni, valorizza territori, costruisce paesaggi e segna l’identità del Paese. Due italiani su cinque si definiscono ‘consumatori evoluti’ mossi da una particolare attenzione verso le caratteristiche di prodotto, se non da una vera e propria passione per le storie racchiuse in un calice. In particolare per quelle che fanno ‘comunità’: i racconti sul territorio ci attraggono più delle certificazioni; il genius loci è un driver narrativo più potente della storia del produttore.

Tuttavia, sul piano della consapevolezza tecnica della familiarità con i metodi, le varietà e le tendenze del mercato il riscontro dei consumatori italiani è piuttosto modesto. Familiarizziamo con il ‘metodo classico’, con le certificazioni e con i vini ‘senza solfiti’. Ma non più di 1 su 3 dichiara di conoscere (almeno in linea generale) i princìpi dei ‘NOLO’, degli ancestrali, dei macerati o le varietà PIWI. In sintesi, il rapporto degli italiani con il vino sembra molto più emozionale che informato.

E forse anche per questo in fase d’acquisto il parere esperto conta molto: la propensione ad affidarsi al consiglio di sommelier, enotecari e produttori è elevata. Tra i giovani, in particolare, si registra un maggior bisogno di informazione; anche per loro i social non bastano: serve relazione.  Il mondo del vino ci coinvolge quando racconta le comunità. Ma sui metodi, le varietà e i processi non siamo così informati.

Questo “ribalta” la narrazione che il mondo del vino ha fatto dagli Anni ottanta in poi: tutti a spiegare come si fa, le differenze, i dettagli. e guai se non diventi un mezzo enologo e agronomo. Oppure sommelier… Chiaro che poi uno si butta sulla Corona.