Assobirra – che dal 1907 raggruppa produttori di birra e di malto – ha pubblicato il suo report annuale che rappresenta la traccia migliore per comprendere il trend della “bionda” uscita abbastanza bastonata dal Covid, ma che ora sembra pronta ad una nuova stagione di crescita nel nostro Paese grazie alla spinta di birre low/no alcohol ed alla capacità creativa dei maestri birrai anche nelle realtà più grandi del settore. Le imprese Assobirra hanno confermato infatti il loro trand di investimenti annui – circa 100 milioni € – nonostante la fiscalità nazionale penalizzi ancora questa bevanda a tutto vantaggio delle importazioni estere: clamoroso il caso della Germania, primo esportatore in Italia, grazie ad una fiscalità pari al 25% di quella che debbono sostenere i produttori del Bel Paese.
Partiamo dai numeri: la produzione di birra si è attestata nel 2024 a 17,1 milioni di ettolitri, marcando una lievissima flessione (1,90%) in rapporto ai 17,4 milioni di ettolitri dell’annata precedente. Per la prima volta, dunque l’aggregato relativo alla produzione scende al di sotto di quello marcato nel 2019 (17,3 mio hl), ultimo anno prima della pandemia, e segna un’inversione di tendenza rispetto al trend di crescita rimarca to da allora e fino a tutto il 2022.
I consumi, del pari, segnano nel 2024 un dato (21,4 milioni di ettolitri) in calo tanto rispetto al 2023 (21,8 mio hl pari a un -2,04%) quanto rispetto al picco del 2022, quando si rag giunse quota 22,5 milioni di ettolitri. Tuttavia, il livello raggiunto nell’ultimo anno re sta superiore a quello pre Covid (21,2 mio hl nel 2019) e segna un incremento complessivo di un eloquente +20,99% nell’ultimo decennio (17,8 mio hl nel 2014), a di mostrazione di come la domanda di birra sia più alta, ormai, a livello strutturale.
Il dato relativo al consumo individuale si posiziona a 36,4 litri pro capite, segnando -1,89% rispetto ai numeri 2023 (37,1 litri) e -4,71% sul 2022 (38,2 litri pro capite) ma in crescita su tutti i dati precedenti dal 2021 e indietro. È da rimarcare come il consumo rimanga sempre e appieno entro i confini di un bere moderato e responsabile, aspetto per il quale l’Italia è tra i Paesi europei il più virtuoso e come dimostrato dalla crescente popolarità delle low/no alcol: in costante incremento di consumi dal 2020, hanno fatto segnare nel 2024 un dato del 2,11%, con un incremento del 13,4% rispetto al 1,86% del 2023.
Cresce anche il dato relativo alle lager (84,32% vs 82,73 del 2023), che resta sempre la tipo logia più consumata in Italia, mentre cala leggermente quello inerente alle birre speciali (13,57% vs 15,41%). I dati relativi all’export segnano un aggregato in diminuzione rispetto al 2023, con un 3,34 mio hl dell’ultimo anno contro i 3,62 del precedente (-7,82%), 3,81 nel 2022 e 3,86 nel 2021. Ormai il 79% dei consumatori conosce le birre low/no alcol e il 67% le ha assaggiate; ancora più sorprendente per gli scettici è il dato relativo al gradimento, con un aggregato mi piace/mi piace molto che si attesta al 48%. Le birre light sono percepite più salutari, più digeribili, meno caloriche al punto che anche i beer lover dichiarano di preferire le birre low/no alcol per il 35% delle occasioni di consumo.
Assobirra, ecco i dati import export
Come già in precedenza, sulla contrazione pesa soprattutto il calo delle esportazioni verso il Regno Unito (1,38 mio hl vs 1,59 nel 2023); pur restando UK il primo mercato estero per le nostre birre, la sua quota si è ristretta al 41,5%, rispetto al 43,9% del 2023 e al 48,3% del 2022. Aumenta al contrario l’export verso Stati Uniti (383.640 hl pari all’11,5% dell’aggregato, +43mila hl sul 2023) e Albania (231.723 hl, +49mila hl); il calo dell’export verso la Francia (201.506 hl vs 249.183 del 2023, ma rimane comunque il terzo paese per importazioni dall’Italia) è compensa to dalla crescita del mercato nei Paesi Bassi (172.346 hl vs 161.641 nel 2023) che hanno quasi raggiunto i transalpini quanto a quota sull’export globale: 5,2% contro il 6,0% dei francesi.
Extra UE, dopo UK e USA il Paese che importa più birra italiana è ancora l’Australia, con un dato pari a 79.140 hl (erano 82.580 nel 2023), 2,4% del nostro export complessivo.
Se l’export marca una leggera flessione, calano anche le importazioni, il cui aggregato si attesta nel 2024 a 7,6 mio hl (-4,95%), con circa 400mila hl di import in meno rispetto ai quasi 8 mio hl del 2023 (7,995) e del 2022 (7,993): un segno di un progressivo cammino verso un mercato birrario domestico fondato sulla produzione interna e del quale, a oggi, il maggior fornitore estero rimane resta la Germania, che con 3,4 mio hl importati da sola pesa per il 44,7% del totale.
A seguire Belgio (11,6%, con un import passato dai 1,69 mio hl 2023 a 883mila hl 2024), Polonia (865mila hl, 11,4% del mercato import), e Paesi Bassi (669mila hl). Tra i paesi non comunitari, che incidono per il 2,74% sull’import comple sivo, il primo player è ancora il Regno Unito, con 135mila hl (contro 93mila nel 2023) su circa 208.500 hl del totale non UE; al secondo posto la Cina, che importa per 36mila hl.
Quanto allo stato complessivo della filiera agricola, il dato relativo alla produzione autoctona di malto si attesta nel 2024 appena al di sotto di quello dell’annata precedente (77.592 tonnellate vs 78.838 t nel 2023) ma comunque in linea con quello degli ultimi quattro anni, e forte di un +10% rispetto alle 70.500 tonnellate del 2015; l’annata migliore rimane il 2019, con 81mila tonnellate prodotte. In aumento gli aggregati relativi all’import di malto torrefatto (4.448 t vs 4.173 del 2023) e quelli di prodotto non torrefatto: 153.9 t contro le 116.3 dello scorso anno. Le importazioni di luppolo in polvere o estratto, provenienti per la quasi interezza dalla Germania (449 t), si attestano sulle 556,3 tonnellate totali.